La storia d’amore tra la Marchesa Casati Stampa e Gabriele d’Annunzio, come possiamo immaginare dai personaggi in questione, non fu la classica fiaba.

I rosai del Vittoriale ti aspettano per fiorire” telegramma di d’Annunzio alla Marchesa Casati Stampa.

Luisa Casati Stampa fu l’unica donna a suscitare nel Vate una grande ammirazione, un amore che non sfociò mai nella gelosia o nei litigi. Nessun legame di d’Annunzio durò a lungo quanto quello con la Marchesa Casati. La loro intensa comunicazione avveniva tramite fax e lettere, molti dei quali riportati nel libro “Infiniti auguri alla nomade” edito da Archinto. Il motivo di questa lunga amicizia soprattutto da parte del poeta, famoso per i suoi incontri fugaci è da ritrovare nella personalità della Marchesa: eccentrica, sempre pronta per nuove avventure di vita, con una grande voglia di stupire e di stupirsi. La Divina Marchesa, come amava definirla d’Annunzio, rimase sempre un po’ misteriosa agli occhi del poeta e si lasciò molto a desiderare, tanto che in una lettera scritta da D’Annunzio il 25 settembre 1929 viene definita “inafferrabile come un’ombra dell’ade“.

La marchesa Casati Stampa, ovvero Coré

In un primo momento, degli incontri avuti a Roma, d’Annunzio che amava dare soprannomi alle sue amanti, iniziò a chiamare la Marchesa, Mona Lisa, salvo poi cambiarlo con Coré, negli anni successivi. Il nome greco era Koré, come la fanciulla adescata da Ade che divenne la dea degli inferi, con la k, ma la Marchesa trovava il suono troppo duro e decisero per Coré, Nel romanzo, Forse che sì forse che no, il personaggio di isabella Inghirami è ispirato alla Marchesa. In altre opere, d’Annunzio menziona la Casati, come ad esempio nel Solus ad Solam.

D’Annunzio era affascinato dai mille travestimenti e trasformazioni della Marchesa, dal suo misticismo e li accomunava il grande amore per le arti magiche. Le feste in maschera della Casati, sempre piene di personaggi stravaganti e animali esotici, cartomanti, maghi e astrologi, il suo abbigliamento mai scontato, sempre originale e fuori dalle righe, il suo trucco pesante, il suo amore smisurato per l’arte, sono tutti elementi che hanno contribuito a creare un mito, che prima ha affascinato d’Annunzio, poi il mondo del suo tempo arrivando fino a noi. Una personalità eccentrica, sempre pronta a rinnovarsi, a trasformarsi, che non annoiava mai il poeta ma che anzi era fonte di ispirazione per lui.

Per quanto riguarda l’occultismo il biografo Gatti scrisse che la marchesa: “coltivava le scienze magiche con tale assiduità e passione, da mantenere in casa sua, talvolta per mesi e per anni, delle veggenti e delle maghe, esattamente come i principi del Rinascimento avevano sempre al loro fianco l’astronomo e il giullare“.

Le feste leggendarie della Marchesa Casati Stampa

La Marchesa dava le feste più belle e rinomate d’Europa, sia nella sua dimora di Roma, che nella sua residenza nel Canal Grande o in quella di Parigi. La casa di Venezia è il palazzo Venier dei Leoni, oggi museo Guggenheim, che tanto affascinava D’Annunzio che nel Notturno scrisse : “la casa mozza di Corè ha più che mai un’apparenza di rovina incantata“.

In Quarant’anni con D’Annunzio l’Antongini racconta: “Questa ricca e intelligente gentildonna milanese … a Venezia aveva offerto feste nello stile del più puro Settecento e vi era apparsa abbigliata come se fosse uscita da un quadro del Guardi o del Longhi, tenendo al guinzaglio due leopardi passabilmente addomesticati. A Parigi e in una villa dei dintorni, al Vésinet, villa ceduta dal Conte Robert de Montesquiou e chiamata “Palais Rose”, conduceva pure una vita eccentrica per la presenza sia degli animali di cui amava circondarsi,… sia degli Artisti… essendo, oltre a queste sue innocenti stranezze, una donna fisicamente assai interessante e intellettualmente notevole , era più che logico che fosse divenuta, con l’andar del tempo, una gradevolissima camerata del Poeta”.

L’incontro e la storia con d’Annunzio

La Marchesa conobbe d’Annunzio durante una battuta di caccia a Gallarate nei primi del ‘900; lei era poco più che ventenne e d’Annunzio aveva passato i 40 ed era ancora ufficialmente legato ad Eleonora Duse.

Negli anni la relazione fu molto più platonica e cerebrale che fisica, un’eccezione per Gabriele D’Annunzio.

Nel 1913, Coré, è il massimo dell’ispirazione per d’Annunzio che in una lettera datata 22 luglio le scrive: ” un’amica di altri tempi, un poco simile a Coré nell’anima, mi diceva: “if you would be near to me, leave me”.

Questa donna imprendibile, sempre in fuga, trascorse il Natale del 1923 proprio con d’Annunzio al Vittoriale, per poi passarci diversi periodi durante il 1924. Ed è proprio nell’estate del 1924 che d’Annunzio le scrive un pensiero con scritto “Auguri infiniti alla nomade”.

E la nomade Marchesa era spesso nei suoi pensieri, il Vate cercava di stupirla e quando, nel settembre del 1929, decise di farle un regalo scrisse al gioielliere Buccellati: “Ho bisogno di qualche portasigarette dei soliti, di 2 braccialetti (d’un prezzo tra le 1500 e le 2000 lire), di un anello, e di un gioiello strano (che forse hai). Perché tu comprenda lo strano, ti dico discretamente che ho da donarlo alla Marchesa Luisa Casati nota per la sua singolarissima eleganza.”

Un aneddoto da scoprire

Una prova della loro Amicizia è possibile vederla al Vittoriale degli italiani, a Gardone Riviera, nella sala da pranzo della dimora del Vate dove campeggia una tartaruga in bronzo.

La tartaruga venne regalata in carne ed ossa dalla Marchesa a d’Annunzio e si chiamava Cheli. Un giorno la povera tartaruga morì, nel giardino del Vittoriale, per indigestione di tuberose, che le aveva dato Maria Antonietta Avanzo, una pilota di auto da corsa, amica del Vate.
D’Annunzio,dispiaciuto per l’accaduto, chiese allo scultore Renato Brozzi di ricavare dal carapace un prezioso soprammobile. Detto, fatto, ne uscì una tartaruga bellissima con guscio smaltato e testa in bronzo e il Poeta decise che Cheli sarebbe diventata la protagonista della sala da pranzo,  per ricordare ai commensali la morigeratezza.

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